Il secolo XVI
da Carlo Oliva a Girolamo Gozi

La morte di Carlo Oliva coincide con la fine di un’epoca. Dopo la discesa di Carlo VIII di Francia in Italia la politica si giocherà su scacchieri più grandi, e gli spazi per le Piccole Signorie si faranno sempre più stretti.
Risultano scarse notizie degli Oliva per ii primo decennio del 1500.
Nel 1512 gli Oliva si spartiscono i loro domini: a Ugolino, il maggiore, andò Piagnano con i Castelli di Antico e Laudeto, Pirlo, Campo, Lupaiolo e Pietracavola; a Roberto toccò Piandimeleto e gli altri Castelli dell’antico dominio.
All’anno successivo (1513) risale la fusione della campana che si può ancora ammirare nella cella campanaria della Chiesa parrocchiale di Piagnano.
La tradizione orale vuole che al momento della fusione la Principessa scesa dal palazzo abbia versato nella fornace “mezza grembiulata d’oro”.
Se le cose sono andate così, si tratta sicuramente della consorte di Ugolino, la Contessa Alessandra Gonzaga appartenente ad un ramo cadetto della grande famiglia di Mantova, nota anche per l'impulso dato per la costruzione del Convento di Santa Chiara di Macerata Feltria che, per donazioni e lasciti divenne uno dei più importanti del Montefeltro.
Non si può trascurare che anche due principesse Gonzaga del ramo principale della famiglia erano presenti alla corte di Urbino: Elisabetta vedova di Guidobaldo da Montefeltro ed Eleonora moglie di Francesco Maria della Rovere, successore dell’ultimo rappresentate dell’antica casata dei Montefeltro.
Morto precocemente Ugolino Oliva, spettò alla moglie il governo dello stato e la tutela dei quattro figli maschi: Girolamo, Gianfrancesco, Brancaleone e Ludovico Maria.
Nel 1524 i giovani Conti Oliva ricevettero da Clemente VII l’investitura diretta a “Vicari” a terza generazione dei Castelli per un censo annuo di una tazza d’argento di 330 grammi.
Circa venti anni più tardi, l’11 settembre 1545 il Papa Paolo III approverà una convenzione stipulata fra i fratelli Oliva ed il cugino Carlo II di Piandimeleto. In base all'accordo, venendo ad estinzione una delle due linee della famiglia, la successione della rispettiva porzione di proprietà sarebbe toccata all’altra.
La convenzione, preceduta da risse cause e vertenze, riportò la pace nella Casata, che tuttavia si avviava verso la propria estinzione.
Con l’ultimo Conte di Piagnano, Girolamo, ci troviamo nel pieno della Controriforma Cattolica.
Un vento di terrore agitò la cattolicità allorché il cardinale Carafa, ispiratore dell’istituzione del Tribunale dell’Inquisizione, ascese al pontificato col nome di Papa Paolo IV. Proprio durante il breve pontificato di questo Papa si consumano gli ultimi atti della dinastia Oliva, di cui rimarrà vittima il Conte Girolamo, che sarà imprigionato nelle carceri pontificie non si sa se per ragioni di ortodossia o per questioni riguardanti il proprio dominio sulla Contea.
Egli riuscÏ fortunosamente a liberarsi poiché a causa della morte del Papa il popolo romano, come consuetudine, incendiò le prigioni e il Conte poté tornare libero.
Non appena tornato nei suoi domini provvide a stendere un atto notarile dove dichiarò che durante la sua carcerazione, imprecisati nemici avevano tentato di impadronirsi del Feudo.
Possiamo supporre che si tratti della Contessa Clelia, vedova del cugino Carlo, Conte di Piandimeleto, che più di ogni altro aveva interesse a riunire, per il figlio Prospero, le due Contee.
Così non fu, ed alla morte di Prospero di Piandimeleto e della madre, la Contessa Clelia Salomoni, la Contea di Piagnano passò definitivamente, l’11 dicembre 1574, sotto il dominio della Chiesa.
In quella data, un alto funzionario dello Stato della Chiesa saliva a Piagnano, in qualità di Commissario del Papa per prenderne ufficialmente possesso.
Lo accompagnava il governatore di Rimini due notai e alcuni uomini d’arme nel caso si dovesse ricorrere alla forza.
Radunati al suono della campana i Quattro Uomini della Comunità, il commissario prese possesso del Castello; poi si avviò verso la Rocca dove lo stava aspettando il signor Annibale Oliva; questi, come erede dello zio Girolamo ultimo Conte di Piagnano, dichiarò di essere il legittimo proprietario della Rocca.
Il Commissario prese possesso dell’edificio, nominando tuttavia Annibale Oliva castellano e custode della Rocca, in attesa di verificare i suoi eventuali diritti.
Il governo di Piagnano fu affidato al Signor Giulio Cesare Segni, governatore di Rimini, che lasciò come Vicario un Notaio suo rappresentante.
Vennero quindi pubblicati Bandi con i quali tutti dovettero riconoscere il padrone dello stato nel Pontefice e la Santa sede.
Nella stessa giornata la cerimonia si ripeté a Piandimeleto.
A Piagnano dopo la devoluzione, continuò a risiedere il ramo principale degli Oliva; ramo che pur non conservando né il Feudo né il titolo comitale, trasmise il nome e parte del patrimonio fino a Maria Virginia, figlia di Annibale Oliva (1631-1671) che a 17 anni andò in sposa a Federico Gozi, facente parte di una famiglia di antica nobiltà sammarinese.
L’asse ereditario confluì quindi nella casa Gozi di San Marino. Il Catasto di Piagnano formato nel 1772, per incarico del Comune al geom. Pietro Belli, assegna ai signori Gozi alcune proprietà fra cui tre case coloniche (castello – strada – colombara), il palazzo d’abitazione compreso di giardino e prato.
La rocca non fa parte dei beni allodiali e, nel 1779, la Reverenda Camera cede il sito con ruderi e grotta, in enfiteusi perpetua, alla Famiglia Rattini.
Girolamo Gozi nato a Piagnano nel 1793 vi risiedette abitualmente e vi morì nel 1870. Di Girolamo Gozi resta traccia in una lapide in suo ricordo nella Chiesa parrocchiale di San Salvatore.
Con i figli e i nipoti poco interessati a Piagnano, la proprietà viene progressivamente smobilitata.